
                      L'achéropita
                      La religione cristiana è fatta
                          di simboli. Uno di questi simboli è l'Achéropita (dal
                          greco "Acheiropoietós" che significa: "Non fatta da
                          mano d'uomo") e raffigura il "Salvatore", esso
                          a partire dal VII secolo d.c. si ritrova sugli stendardi,
                          ma ancora prima, dai tempi dell'imperatore romano Costantino,
                          l'Achéropita assieme all'immagine dell'imperatore la
                          si ritrova rappresentata su avori e medaglie.
                      La
                              funzione di quest'immagine, data agli uomini miracolosamente
                              (secondo la tradizione), è di protezione, di vittoria
                              sul nemico, su ogni nemico, cioè sul male. 
                      Eusebio di Cesarea (265-340)
                          nella sua "Storia Ecclesiastica", (libro primo, argomento
                          tredicesimo, nel racconto sul re degli Edesseni) narra
                          che un certo re di nome Abgar V Uchamas, detto il Nero,
                          Re dell'Osroene, regno situato nella Mesopotamia nord-occidentale
                          con capitale Edessa (oggi Urfa, in Turchia) e toparca
                          cioè governatore, sovrano di questa città, contemporaneo
                          di Cristo era ammalato di lebbra. Venuto a conoscenza
                          dell'esistenza di Gesù di Nazareth e dei suoi poteri
                          di guarigione miracolosa, il re gli mandò un messaggero
                          per chiedergli di recarsi da lui, nella Città d'Edessa,
                          ma Gesù non volle andare, però gli inviò una lettera,
                          nella quale promise che per la sua forte fede, dopo
                          la sua morte e risurrezione, avrebbe mandato un suo
                          discepolo che lo avrebbe guarito dalla sua lebbra e
                          così avvenne. Eusebio di Cesarea informa che gli originali
                          in Siriaco della corrispondenza avuta luogo tra Cristo
                          e Abgar Re di Edessa, erano conservati negli archivi
                          di Edessa, alle cui fonti attinse anche Giulio Africano.
                          Dei documenti citati da Eusebio, esiste ancora oggi
                          il testo integrale in Siriaco, ritrovato in un manoscritto
                          del VI secolo d.C. oltre a due redazioni greche
                          indipendenti, molto più brevi della Siriaca. Il racconto
                          che sia una leggenda è provato dall'usanza dei Cristiani
                          del II secolo di sovrapporre in questo caso alla figura
                          di Abgar IX, primo re cristiano di Edessa, deposto
                          da Caracalla nel 216, quella di Abgar V detto il Nero,
                          figlio di Uchamas, contemporaneo di Cristo, di conseguenza
                          il "Taddeo" che guarì Abgar, non è altro che"Addai",
                          evangelizzatore dell'Osroene, della seconda metà del
                          II secolo, il cui nome fu assimilato a quello di Taddeo
                          e quindi, il regno di Edessa
                          fu il primo stato al mondo a divenire cristiano, tra
                          il 170 e il 214 d.c. A questa leggenda è accostata
                          un'altro racconto parallelo che risalirebbe alla fine
                          del IV
                          secolo d.C.; altri
                          studiosi la fanno risalire nel 544 all'epoca dell'assedio
                          di Edessa, ed è raccontata nella Dottrina di Addai. È una
                          composizione siriana che include varie leggende, secondo
                          questo racconto Abgar dopo aver tentato invano di convincere
                          Gesù a recarsi ad Edessa, inviò dal Cristo il suo archivista
                          e pittore Hannan affinché dipingesse il volto del Cristo
                          su un tessuto, un pezzo di stoffa, il "Mandylion",
                          chiamato secondo la tradizione occidentale anche "sudario" o "Immagine
                          della Veronica". Hannan per ritrarre il volto
                          di Gesù, si mise in una posizione da dove poteva vederlo
                          meglio, infatti, il Cristo era accerchiato da una immensa
                          folla, quindi, salì su un grosso sasso. Il pittore
                          Hannan provava e riprovava, ma, non riusciva a ritrarre
                          il Cristo
                          per
                          lo splendore
                          del suo volto. Vedendo che Hannan dopo ripetuti tentativi
                          non riusciva a fare il ritratto, Gesù allora
                          bagnò il
                          suo viso con dell'acqua, prese il tessuto e
                          se
                          lo pose
                          sul
                          volto per asciugarlo e miracolosamente
                          l'impronta del suo volto si trasferì sulla stoffa.
                          Il pittore Hannan ritornò ad Edessa con l'immagine
                          del Cristo impressa sul Mandylion e con una lettera
                          in cui era promessa da Gesù la sua guarigione, l'invio
                          di uno dei suoi discepoli al termine della missione
                          apostolica e l'incolumità della
                          Città. Il Re Abgar guarì dalla lebbra, ma non completamente,
                          gli rimasero alcune tracce della malattia sul viso.
                      Dopo la pentecoste, quando
                          Gesù se ne andò definitivamente in cielo,
                          si recò a Edessa, a completare la guarigione del Re
                          Abgar l'apostolo Taddeo, uno dei settanta discepoli
                          mandati
                          da Gesù
                          ad evangelizzare, egli completò definitivamente la
                          guarigione del Re, che si convertì al Cristianesimo,
                          abbatté tutti
                            gli idoli pagani e innalzò il Mandylion come stendardo
                            della Città, e lo pose al posto di un idolo pagano
                            su una delle porte della città. Il pronipote del
                            Re Abgar che salì al trono di Edessa  ritornò
                            al paganesimo e cercò di distruggere
                            il
                            Mandylion:
                            a protezione del sacro Volto del Cristo, intervenne
                            il vescovo Cristiano di turno, della città di Edessa
                            che la fece murare. Il racconto dice che il vescovo
                            pose all'interno di una nicchia, la stoffa con il
                            volto del Cristo, una tela che la copriva e una lampada
                            ad olio accesa. La nicchia che custodiva il Mandylion
                            col tempo fu dimenticata, il nascondiglio 
                            fu riscoperto nel 544  d.C., durante l'assedio
                            della città al tempo di Ckosroes re dei Persiani.
                            La tradizione racconta che miracolo dei miracoli
                            la lampada era rimasta accesa, e non solo il volto
                            del
                            Cristo
                            sul
                            Mandylion
                            era
                             intatto, 
                            ma si era pure miracolosamente impresso sul lato
                            interno della tela che  schermava il Mandylion.
                      Da questa vicenda miracolosa
                          la tradizione Cristiana elabora nell'iconografia pittorica
                          un primo modello canonico di "IMMAGINE" del
                          volto di Cristo detto appunto "SALVATORE ACHEROPITA",
                          che si divide in due rappresentazioni simili con delle
                          diversità
                          che
                          rendono
                          dissimili questo
                          primo
                          tipo di Icona del Santo Volto: una in cui il Volto
                          del Signore è raffigurato
                      sulla stoffa detta Mandylion e con gli occhi che guardano
                      in una direzione, l'altra con il Volto del Cristo impresso
                      sulla tela di protezione chiamata "Cheramion" e
                      con gli occhi che guardano nella direzione opposta, "speculare"
                          alla prima icona (Mandylion). Questa immagine è considerata
                          secondo la
                          tradizione, la più antica
                          rappresentazione di Gesù e riproduce,  le fattezze
                          reali di Cristo impresse sul "Mandylion",
                           il tessuto di lino  inviato dal Signore  al Re Abgar.
                          In questo primissimo modello canonico è raffigurato
                          sullo sfondo di un nimbo cruciforme
                          simbolo
                          del  Sacrificio di Cristo, il  volto di Gesù.
                          I capelli castani, scendono simmetricamente divisi,
                          sui due lati
                          del capo dividendosi in due boccoli all'incirca l'altezza
                          della lunga barba 
                          di un bruno scuro, che si divide anch'essa in due parti.
                          Ha la fronte ampia e il naso lungo, gli occhi grandi,
                          aperti
                          e
                          scuri,  la bocca 
                          piccola, dalle labbra quasi appena accennati. In questa
                          immagine si tenta di rappresentare L'Uomo-Dio, venuto
                          sulla terra a "salvare" l'umanità dal
                          peccato e redimerla dalla morte. Dopo il V secolo d.c.
                          i padri della chiesa
                          cominciano a fare allusioni a questa reliquia acheropita,
                          forse perché prima, se ne era dimenticata l'esistenza,
                          in quanto era ancora nascosta nella nicchia murata.
                          Ciò
                          che si sà dell'icona detta appunto Cheramion è che
                          si trovava a Ierapoli (Mabbough) in Siria.
                          
                      Nell'ottavo secolo d.c.
                          a seguito della controversia iconoclasta, con la vittoria
                          definitiva degli iconofili e il trionfo dell'ortodossia
                          il Mandylion con l'achéropita di Edessa divenne il
                          modello storico e canonico più antico, della possibilità di
                          raffigurare il Dio invisibile, fattosi visibile in
                          Cristo. Sono numerose le testimonianze
                          e le descrizioni che mettono in relazione il Mandylion
                          con la Sacra Sindone di Torino. Nel 944 d.c.
                          in seguito ad un assedio, gli imperatori bizantini
                          Costantino Porfirogenito e Romano I acquistarono 
                           il Mandylion dalle autorità musulmane
                          del sultano arabo che aveva occupato Edessa. La teca
                          con il Mandylion
                          viene portata a Samosata per un primo controllo con
                          le copie, infine giunge solennemente a Costantinopoli.
                           Dell'arrivo del Mandylion a Costantinopoli la testimonianza
                           si
                          ritrova nell'omelia attribuita a Costantino VII Porfirogenito,
                          imperatore di Costantinopoli dal 912 al 958, e nel
                          resoconto di Gregorio il Referendario. Sono
                          molti gli studiosi che pensano che il Mandylion con
                          ogni probabilità era la Sindone ripiegata in otto strati
                          (tetradyplon) in modo da far vedere solo il volto,
                          infatti, Mandylion è una grecizzazione del termine
                          arabo "Mandil" che significa "lenzuolo". Nell'arabo
                          moderno il termine MANDIL è tradotto in Italiano "fazzoletto,
                          scialle" (vedi "Il Piccolo Dizionario Italiano Arabo"
                          di Paolo Valerio Mantellini del 2007, disponibile in
                          versione elettronica, ".pdf",
                          ".xls"). Le tracce dell'Icona
                          del Santo Volto di Cristo si perdono nel
                          1204 con il
                          sacco
                          di
                          Costantinopoli.
                          Della
                          presenza ad Edessa del telo sepolcrale di Gesù si ritrovano
                          tracce nei documenti del Concilio II di Nicea del 787
                          d.C. Il lino achéropita era alla base dei dibattiti
                          sul culto delle immagini sacre. Altri studiosi ritengono
                          in base alle testimonianze dei vangeli che il lenzuolo
                          (bende, nel testo biblico) e il Mandylion o sudario
                          che venne posto sul capo sono due cose diverse. Le
                          bende del vangelo corrispondono alla Sindone di Torino,
                          mentre il sudario dovrebbe essere il fazzoletto conservato
                          ad Oviedo in Spagna dal 631 d.C. e che alle analisi
                          del sangue ha mostrato di possedere lo stesso gruppo
                          sanguigno della Sindone (AB, molto raro) e pollini
                          anch'essi della stessa regione intorno a Gerusalemme
                          già presenti sulla Sindone.
                      In
                            Calabria, nelle colline tra il mar ionio e i monti
                            della Sila esiste una località che fa parte del comune
                            di Zagarise (Catanzaro) denominata, guarda caso, "Mandile". 
                      Il secondo modello canonico
                          di Immagine del volto di Cristo lo si ritrova dopo
                          la crisi Iconoclastica, nel VII secolo d.c., con il
                          Cristo "in maestà" e prende il nome di "Cristo Pantocrator".
                      Il terzo ed ultimo modello
                          canonico di Sacra Immagine del Volto di Cristo è rappresentato
                          nell'iconografia cristiana antica, dall'icona del "Cristo
                          in Gloria", chiamata anche con il nome di "Salvatore
                          tra le Potenze".
                      Il volto del Cristo nelle
                          Icone antiche è circondato dal nimbo cruciforme con
                          le tre lettere W, O, N, che significano: "Colui che é",
                          vale a dire il nome rivelato a Mose sul monte Sinai,
                          quando si trovava davanti al roveto ardente. Il Mandylion
                          e la Sindone, la storia di queste reliquie ha origine
                          ad Edessa, tra il II e il IV secolo d.C. da questa
                          città arrivarono
                          (in particolare la sindone) in occidente, si ritiene
                          comunemente, tramite i Cavalieri
                          Templari che la portarono in Francia e da questo
                          paese in Italia. La sindone è realmente un oggetto "non
                          fatto da mani umane", essa corrisponde letteralmente
                          ad un negativo fotografico, ma, il fatto che l'immagine
                          non sia un dipinto, opera dell'ingegno umano, non prova
                          che sia effettivamente il volto del Cristo, sono troppi
                          gli aspetti in contrasto con il racconto evangelico
                          e poi chi lo dice se a quei tempi l'uomo non conosceva
                          le qualità fotosensibili di determinati elementi tipo
                          il bitume e l'argento? Le famose "Pile
                          di Bagdad", piccole giare usate anticamente
                          come pile elettriche tuttora funzionanti, scoperte
                          da un ingegnere tedesco tra quegli oggetti che il museo
                          della città considerava cianfrusaglie etichettate come "oggetti
                          di culto" risalenti alla dinastia dei Sassanidi (II
                          secolo d.C.) dimostrano inconfutabilmente che il mondo
                          antico conosceva i segreti dell'elettricità e i procedimenti
                          elettrolitici di galvanizzazione per l'argentatura
                          e doratura mediante placcatura dei metalli meno nobili,
                          anche se in base alle ricerche condotte in seguito,
                          tali conoscenze erano patrimonio esclusivo di sette
                          e di piccoli gruppi di persone che difendevano gelosamente
                          tali segreti, anche se diffusi in tutto il mondo, quindi,
                          nel secondo secolo d.C. il secolo in cui ebbe origine
                          la leggenda di Abgar e dell'Achéropita, sicuramente
                          era conosciuta la proprietà fotosensibile del nitrato
                          d'argento e la relativa applicazione, di conseguenza
                          con molta probabilità, la Sindone era e tuttora rappresenta
                      la prova archeologica comprovata di tali conoscenze. 
                      Personalmente non ho mai
                          esaminato la sindone ma, con tutta certezza posso affermare
                          che nulla di miracoloso c'è nella Sindone, ma, solo
                          l'applicazione di determinate scienze, conosciute nel
                          secondo secolo dopo Cristo e dimenticate successivamente
                          per essere riscoperte e divulgate nei giorni nostri.
                          Si può affermare con evidente certezza che il personaggio
                          della Sindone di Torino non è il Cristo dei Vangeli,
                          anche se, la corona di spine faccia pensare che era
                          una persona che avrà aspirato alla regalità, forse
                          avrebbe cercato di usurpare un diritto che non le aspettava.
                          Bisogna, infatti, considerare che i romani adattavano
                          le crocifissioni e infliggevano le torture in accordo
                          con il crimine commesso, affinché questo fosse di esempio
                          e nessuno si azzardasse di replicare lo stesso reato,
                          quindi, la corona di spine sul capo del condannato
                          fa pensare a qualcuno che si sia spacciato per un nobile.
                          I Vangeli e tutte le epistole apostoliche, presentano
                          il Cristo come un agnello immolato, perfetto senza
                          difetto alcuno (1Pietro 1,19), invece nell'uomo della
                          Sindone si nota chiaramente che ha un arto della gamba
                          più corto dell'altro, e un piede anziché presentarsi
                          diritto parallelo all'altro è girato di novanta gradi,
                          questo difetto ha dato luogo a quello che è stato definito
                          il "Cristo zoppo", infatti,
                          tutta l'iconografia del Cristo in Croce successiva,
                          nella necessità di conformarsi da una parte ai Vangeli
                          e dall'altro ad un originale ritenuto autentico hanno
                          dato origine alla cosi detta "curva
                          bizantina" vale a dire al bacino del corpo spostato
                          a sinistra e al poggiapiedi della croce inclinato.
                          Nonostante gli studiosi cattolici odierni spiegano
                          questa anomalia definendola solo "apparente", dovuta
                          a quella che chiamano "rigidità cadaverica" che
                          si è venuta a formare per la sovrapposizione del piede
                          sinistro sul destro, guarda caso nessuno durate tutti
                          questi secoli se ne era mai accorto, ma hanno continuato
                          a credere che il Cristo della Sindone fosse zoppo dalla
                          nascita a tal punto da influenzare anche le rappresentazioni
                          di Gesù Bambino, si è dovuti comunque, arrivare ai
                          nostri tempi con le attuali conoscenze per capire questa
                          anomalia? O è un altro tentativo, questa volta ad uso
                          e consumo dei sacerdoti che per collegare la sindone
                          ai vangeli e far accettare di nuovo a tutti specialmente
                          ai non credenti la presunta "autenticità" della Sindone
                          si è ricorsi a questa nuova scorciatoia di carattere
                          medico-anatomico? La presenza del sangue sul tessuto
                          della Sindone è la prova che il cadavere non è stato
                          lavato prima di esservi avvolto. I quattro vangeli
                          presentano una contraddizione reciproca sia riguardo
                          al tessuto di lino usato per avvolgere il corpo del
                          Cristo, sia a proposito della preparazione alla sepoltura,
                          inoltre è strano che sia stato avvolto nella Sindone
                          con tutta la corona di spine. La corona di spine era
                          un oggetto blasfemo posto sul capo del condannato,
                          ma poiché a togliere il Cristo dalla croce non furono
                          i soldati romani e neanche i nemici giudei, ma giudei
                          che nutrivano profondo rispetto verso Gesù Cristo,
                          senza ombra di dubbio tolsero dalla testa l'oggetto
                          della burla, se ci immedesimiamo nella scena penso
                          che chiunque, nutrendo rispetto verso una tale persona,
                          ma anche come segno umanitario avrebbe tolto dal cadavere
                          una tale corona fatta da spine, non e così? Dato che
                          l'uomo della sindone pare abbia la corona di spine, è evidente
                          che non è il Cristo dei Vangeli. 
                      Io non sono un esperto in
                          queste discipline, ma penso che con l'enorme bibliografia
                          sulla sindone a disposizione di tutti, basta qualche
                          ricerca per permettere a chiunque anche a chi è completamente "crudo" di
                          queste materie di formulare un giudizio, la propria
                          opinione sull'uomo della Sindone. Ho voluto esaminare
                          il testo greco dei quattro Vangeli aiutandomi con "il
                          Nuovo Testamento Interlineare, greco, latino, italiano" della
                          San Paolo, terza edizione giugno 2000 e ho trovato
                          le prove a sostegno della mia tesi. 
                      Il Vangelo di Matteo capitolo
                          27 verso 59 usa un termine greco che si legge "Sindoni" e
                          che la Bibbia, pocanzi citata traduce "lenzuolo".
                          Il testo in Italiano così traduce: "Giuseppe prese
                          il corpo, l'avvolse in una sindone pulita e lo depose
                          nel suo sepolcro nuovo che aveva scavato nella roccia".
                          Rotolò una grossa pietra all'entrata del sepolcro e
                          se ne andò. C'erano là Maria Maddalena e l'altra Maria,
                          sedute di fronte al sepolcro". Il testo in latino,
                          la parte principale che più ci interessa dice cosi: "Et,
                          accépto córpore, Ioseph invólvit illud in síndone munda".
                          Si evince da questo Vangelo che il corpo del Cristo è stato
                          deposto nella sindone senza essere stato lavato. In
                          questo Vangelo non si parla né di bende, né di sudario
                          o Mandylion. Lo stesso discorso vale per il testo del
                          Vangelo di Marco (Marco 15,42-47) anche qui si parla
                          della sindone nel quale è stato avvolto Gesù e deposto
                          nel sepolcro senza essere stato prima lavato e unto
                          con gli aromi, infatti, come attesta il capitolo 16
                          il giorno successivo al riposo domenicale ebraico (il
                          sabato), le donne comprarono aromi e andarono ad ungere
                          Gesù ma non lo trovarono perché era resuscitato. Anche
                          qui non si parla né di bende, né di sudario. L'Evangelo
                          secondo Luca (cap.23 ver. 53-56) ripete quanto è già stato
                          detto nei precedenti Evangeli, ma, il capitolo 24,
                          verso 12 aggiunge cosa vide San Pietro quando andò al
                          sepolcro: "Guardò dentro e vide solo le bende". Pietro
                          secondo quanto afferma questo Vangelo non vide la sindone
                          né il mandylion, nel sepolcro ma, solo le bende. L'Interlineare
                          della San Paolo traduce il termine greco usato nel
                          verso 12 che si legge "othonia" con "fasce".
                          Dov'era finita la sindone? Il Vangelo secondo Luca
                          non lo dice. 
                      Diverso discorso troviamo
                          nel Vangelo secondo Giovanni, infatti, nel capitolo19,
                          verso dal 38 al 42 racconta che un giudeo seguace segreto
                          di Gesù (oggi diremmo un simpatizzante, ma non convertito)
                          di nome Giuseppe di Arimatea (lo
                          stesso Giuseppe degli altri tre Vangeli) staccò Gesù dalla
                          croce per deporlo nel suo sepolcro. A questo punto
                          il Vangelo secondo Giovanni afferma una cosa nuova
                          contraddicendo gli altri tre vangeli. Appare una figura
                          nuova è Nicodemo, altro
                          giudeo simpatizzante, che è venuto per lavare e ungere
                          Gesù con una mistura di mirra
                          e aloe secondo l'usanza di quei tempi. Questo
                          vangelo non fa nessuna menzione della sindone, anzi
                          dice il contrario di ciò che raccontano gli altri evangeli,
                          il verso 40 dice: "Presero il corpo di Gesù e l'avvolsero
                          con le bende [si faccia attenzione
                          che il termine greco qui usato che in italiano significa
                          bende o fasce si legge "othoniois" che l'interlineare
                          della San Paolo traduce "con bende". Quello che a noi
                          interessa è che il termine "othonia" è diverso da "sindoni" ed
                          entrambi i termini indicano cose completamente diverse
                          l'una dall'altra, inoltre "bende" è al plurale (ad
                          indicare più di una) e "sindoni" è sempre al singolare,
                          ad indicare un solo lenzuolo] assieme agli
                          aromi, secondo l'usanza di seppellire dei Giudei. L'usanza
                          di seppellire dei giudei è raccontata nello stesso
                          vangelo di Giovanni, che al capitolo 11 verso 44 parla
                          di un morto di nome Lazzaro resuscitato da Gesù che
                          nel venire fuori dalla tomba dove era stato posto era
                          legato piedi e mani con le bende e sulla faccia era
                          avvolto un sudario. Da quanto si evince in questo verso,
                          i cadaveri non erano affatto avvolti nella sindone,
                          ma erano semplicemente bendati e con la testa avvolta
                          in un fazzoletto (il sudario) ma, ancora prima di avvolgerli
                          nelle bende i cadaveri erano preparati, vale a dire,
                          unti con oli profumati. Nel caso di Gesù, anche se
                          il vangelo di Giovanni non dice che il corpo di Gesù fu
                          lavato, però è sottinteso: non si poteva e né si può profumare
                          un corpo di un cadavere macchiato e che puzza di sangue, è fuori
                          luogo, è impensabile che Nicodemo abbia unto Gesù senza
                          prima lavare il suo corpo, se il corpo non fosse stato
                          lavato, la puzza del sangue avrebbe coperto l'odore
                          dell'olio. Che Nicodemo abbia lavato il corpo di Gesù prima
                          di avvolgerlo nelle bende, è dimostrato dalla mistura
                          che si era portato: l'aloe è una pianta grassa con
                          proprietà detergenti naturali, è un vero e proprio
                          sapone vegetale, la mirra è un profumo, quindi mischiando
                          questi due elementi ottenne un sapone
                          profumato che servì a lavare, a togliere dal
                          corpo del Cristo tutto il sangue fuoriuscito dalle
                          ferite. Che i cadaveri fossero lavati e profumati e
                          attestato da altri passi dei vangeli quale Matteo capitolo
                          26 verso da 6 al 12, Marco capitolo 14 verso da 3 a
                          8, Luca capitolo 7 verso dal 36 al 46, Giovanni capitolo
                          12 verso da 1 a 7. Nei passi pocanzi citati si parla
                          di una donna che verso sul capo del Cristo dell'olio
                          profumato ungendo con esso tutto il corpo fino ai piedi.
                          La cosa interessante è che i piedi essendo soggetti
                          ad essere più sporchi di tutto il corpo, perché camminando
                          a quei tempi a piedi nudi o con sandali su strade non
                          asfaltate come quelle d'oggi, ma polverose, si riempivano
                          di polvere, di conseguenza la donna prima lavò i piedi
                          anche se in forma simbolica e poi verso il profumo
                          e Gesù commento quest'azione come, (ecco il punto) una
                          preparazione alla sua sepoltura esprimendo esplicitamente
                          la sua volontà che quando sarebbe arrivata la sua ora
                          avrebbe voluto essere sepolto alla maniera giudaica
                          di quei tempi, in altri termini fece capire chiaramente
                          che dopo morto voleva che il suo corpo fosse lavato
                          e unto con essenze profumate secondo l'usanza del tempo. 
                      Come sono andate effettivamente
                          i fatti? La fede e solo la fede e non il racconto evangelico
                          ci dice che il corpo del Cristo fu avvolto inizialmente,
                          appena staccato dalla croce nella Sacra Sindone, poi
                          la Sacra Sindone venne tolta perché sporca, imbevuta
                          di sangue e sostituita dalle "othonia" (le bende) e
                          dal "soudarion" (il mandilion
                          per la testa), ma di questo susseguirsi di eventi non è fatto
                          cenno alcuno nei quattro vangeli, infatti, tutti e
                          quattro gli Evangeli omettono di indicare la sindone
                          tra gli oggetti trovati nel sepolcro dopo la resurrezione.
                          Il Vangelo di Giovanni al capitolo 20 verso dal 6 al
                          7 dice che San Pietro vide le bende (othonia) che
                          giacevano distese e il "soudarion" (questo è la
                          lettura del termine greco usato nel verso sette) "che
                          era sopra il capo ripiegato in un angolo a parte",
                          ma non vide nessuna sindone. Che fine a fatto la Sindone?
                          Sempre la fede nel tentativo di unire il testo Biblico
                          al sacro lenzuolo ci dice inventando tutto, come possono
                          essere andate le cose: "[sicuramente Giuseppe d'Arimatea
                          o Nicodemo conservarono la Sacra Sindone per poi arrivare
                          nel corso dei secoli fino a noi]", ma, in effetti,
                          le cose andarono diversamente, bisogna ricordare che
                          Nicodemo e Giuseppe d'Arimatea anche se simpatizzavano
                          per Cristo erano sempre Giudei osservanti della legge
                          di Mosè e la legge di Mosè prescriveva di considerare impuro ogni
                          cosa venuta in contatto con un cadavere e possibilmente
                          bruciarla nel fuoco, quindi la sindone imbevuta del
                          sangue per noi santo del Cristo, era per loro il sangue
                          di un uomo divenuto cadavere e quindi nel rispetto
                          della Torah (la Legge di Mosè) andava eliminata distrutta.
                          Levitico 11, 32-39; Numeri 9, 6-13. 
                      C'è chi addirittura è arrivato
                          a scorgere nella sindone di Torino l'impronta di alcune
                          monetine in uso al tempo di Cristo (il
                          Dilepton Lituus e il Lepton Simpulum entrambe coniate
                          nel 29 d.C.) impressa sull'occhio destro e sull'arcata
                          sopraccigliare sinistra ad indicare la perfetta coincidenza
                          esistente tra la Sindone e l'epoca della morte di Gesù dei
                          Vangeli, spiegando questa presunta prova con l'usanza "Gentile",
                          pagana ma, attenzione non giudaica, di porre queste
                          monete sulle palpebre degli occhi per tenerli chiusi.
                          Gli ebrei del tempo di Cristo si ritenevano un popolo santo,
                          separato rispetto ai vicini Gentili, infatti,
                          cercavano per quanto possibile di evitare qualsiasi
                          rapporto con chi non era ebreo (Giovanni 4, 9; Isaia
                          52,1) evitavano perfino i loro stessi connazionali
                          esattori delle tasse perché maneggiavano moneta straniera
                          (Matteo 9,10.11; Luca 15,1.2; 19,2.7) e quindi peccatori,
                          figuriamoci quale atteggiamento potessero avere nei
                          confronti dei romani, loro dominatori, infatti, per
                          non contaminarsi non vollero entrare nel pretorio romano
                          (Giovanni 18, 28) L'avversione
                          verso gli incirconcisi era tale che evitavano addirittura
                          il contatto delle loro tombe con quelle dei pagani. Se
                          la preoccupazione di incorrere nella contaminazione
                          e nella impurità era tale, è inimmaginabile una consuetudine
                          che mettesse a contatto del cadavere dei defunti Giudei
                          qualsivoglia oggetto pagano, come sarebbe l'uso di
                          monete che avrebbero contaminato e profanato la salma
                          del defunto. Anche per i discepoli di Cristo era impensabile
                          l'uso di oggetti emessi dall'autorità che aveva ratificato
                          la condanna a morte del loro Maestro. Lo stesso Gesù pare
                          non abbia mai toccato monete romane, infatti, chi custodiva
                          la borsa col denaro era Giuda Iscariota (Giovanni 13,
                          29) inoltre, quando gli fu chiesto a Gesù se pagare
                          o no le tasse a Roma, si fece consegnare una moneta
                          con l'effige dell'imperatore e disse la famosa frase
                          riportata in Marco 12, 17: "réddite ígitur quae
                          sunt Caésaris Caésari et quae sunt Dei Deo". Se
                          Cristo quindi comando ai suoi discepoli di "rendere
                          a Cesare le cose di Cesare" è impensabile che i suoi
                          seguaci siano andati a mettere monete, oggetti di valore,
                          valuta romana sugli occhi del Cristo. 
                      Altri studiosi sostengono
                          invece che le impronte delle monete sul viso erano
                          state provocate dal flagello, infatti, si usava attaccare
                          anticamente alle estremità della frusta pezzi di piombo
                          e monete non più in uso, allora, in questo caso la
                          data della morte dell'uomo della sindone è posticipata
                          al II o addirittura al III secolo d.C. e quindi non
                          ha nulla a che vedere con il Cristo dei Vangeli. 
                      Il numero dei colpi di flagello
                          sulle spalle dell'uomo della Sindone di Torino, oltre
                          120 è enormemente esagerato per quel che ne può sopportare
                          un uomo comune, infatti, bastano circa 42 colpi per
                          uccidere un uomo. Osservando l'immagine dell'uomo della
                          Sindone di Torino, sembra che manchi qualcosa per poter
                          sostenere che il lenzuolo sia stato a stretto contatto
                          con un cadavere, infatti, non vedo la volta della scatola
                          cranica (anatomicamente definita "ossa parietali")
                          che è piatta (convessa) e liscia e si trova in ogni
                          essere umano tridimensionale al di sopra della fronte,
                          manca completamente, questo forse dimostra che l'immagine
                          dell'uomo della sindone non è nata dal contatto con
                          un corpo tridimensionale, se così fosse, si dovrebbe
                          vedere davanti, di dietro e di sopra, invece l'uomo
                          della Sindone è raffigurato solo davanti e di dietro,
                          in altre parole, nell'immaggine dell'uomo della sindone,
                          sono bene evidenti le ossa frontali e della faccia,
                          le ossa temporali che corrispondono più o meno
                          alle orecchie, il lobo occipitale e il rachide cervicale
                          che corrisponde al lato posteriore del cranio, infatti è bene
                          in evidenza la nuca, manca completamente la calotta
                          cranica che in anatomia corrisponde alle ossa parietali;
                          di questo aspetto sembra che nessuno di coloro che
                          si sono occupati dello studio della Sindone ne parli.
                       Questa trattazione chiarisce
                          inequivocabilmente che l'uomo della Sindone di Torino
                          non è il Cristo dei Vangeli.  Allora,
                          che cosa è la sindone di Torino? È un
                          oggetto che narra ad immagini come in un negativo fotografico
                          la storia di un uomo che subì le stesse e identiche
                          torture del Cristo dei Vangeli, un lenzuolo molto antico,
                          ricco di storia, che è divenuto oggetto di fede a motivo
                          della stretta somiglianza con la passione del Cristo
                          e alla quale tutti i pittori si sono ispirati nell'illustrare
                          l'immagine di colui che si è fatto visibile. 
                      La
                              stampa che presento qui
                              in questa sezione del sito denominato "Vetrina" ha
                              una cosa in comune con la Sacra Sindone conservata
                              a Torino è in
                              parte letteralmente achéropita, "non
                              fatta da mani umane", l'uniche cose che
                              la distinguono dalla Sacra Sindone è che il lenzuolo
                              di Torino è di tessuto vegetale (lino) lavorato
                              da un essere umano sconosciuto, inoltre, non si
                              conosce da dove ha avuto origine l'immagine, se
                              per contatto diretto con il corpo di una persona
                              o qualcos'altro, è da aggiungere anche che l'immagine
                              della Sindone è un negativo in bianco e nero, tipo
                              un rullino per foto, invece il mio Mandylion achéropita è fatto
                              anch'esso di tessuto vegetale, ma è stato realizzato
                              direttamente dal Creatore in quanto è una foglia
                              di Zucca Gigante incollata su carta. 
                      Al
                              credente in Dio spieghiamo che l'immagine achéropita è stata
                              ottenuta in modo "miracoloso",
                              in quanto io ho preparato un disegno in bianco
                              e nero, poi ho messo l'immagine ottenuta a contatto
                              della foglia (sandwich) e ho esposto tutto al sole,
                              dopo circa due giorni di esposizione, il mio disegno,
                              senza nessun intervento da parte mia si è trasferito
                              miracolosamente sulla foglia di Zucca. 
                      Agli
                              scettici dico invece che per ottenere l'immagine
                              del Cristo ho messo in atto le mie conoscenze sulla
                              sintesi clorofilliana, conosciuta comunemente come "fotosintesi",
                              caratteristica presente in natura in tutte le piante
                              verdi. 
                      
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