|  Rappresentazioni della Potnia-Theron. Per una migliore visualizzazione 
            fare clik con il mause sulle diverse icone:
   Anfora greca in cui è raffigurata la Potnia Theron
    Altra rappresentazione della Potnia-Theron alata con in mano la 
            pantera e il cervo.
  Bassorilievo della divinità Potnia-Theron trovata ad Ugarit.
  La dea Artemide-Diana.
  Cibale-Artemide di Efeso. Le molteplici mammelle al petto sono un 
            simbolo di fertilità.
     | Parole & pensieri dell'Autore   
               Taccuino 
              Filosofia: la Tragedia Greca  
                
              La filosofia ha le sue radici nella Tragedia Greca, o meglio 
                nel cosiddetto teatro tragico greco, pur sempre una forma d'Arte.  Che cos'è la Tragedia? Il suo significato fondamentale è legato agli antichi 
                culti religiosi della fertilità. 
                Tragedia deriva dal termine greco Tragon-oidè 
                che significa "canto dei caproni" 
                un culto sacrificale. La divinità greca di questo culto dell'età arcaica 
                era la "Potnia Theron" che significa "Signora 
                patrona delle fiere e degli animali selvatici" - appellativo usato 
                da Omero - ed è da identificarsi successivamente 
                con Artemide la dea della natura rigeneratrice o della 
                fertilità e della primavera. In epoche successive 
                la sua figura fu associata alla dea Diana della mitologia 
                romana, mentre nella mitologia etrusca prendeva il nome di Artume. 
                Era la vergine dea della caccia, della selvaggina 
                e dei boschi. Era adorata anche come dea del parto 
                e della fertilità perché si diceva avesse aiutato la madre 
                a partorire il fratello Apollo. Artemide era ritratta nell'arte 
                greca dell'età arcaica come "La Potnia Theron", 
                una dea alata che tiene in mano un cervo e un leopardo, qualche 
                volta un leone e un leopardo. Successivamente nell'arte classica 
                greca era spesso ritratta come vergine cacciatrice , con una gonna 
                corta, gli stivali da caccia, la faretra con le frecce d'argento 
                ed un arco. mentre sta scoccando una freccia, accompagnata da 
                un cane o un cervo. In altre rappresentazioni Artemide è 
                raffigurata anche come dea delle danze delle fanciulle, 
                ed in questo caso tiene in mano una lira, oppure come dea 
                della luce mentre stringe in mano due torce accese e fiammeggianti. Col passar del tempo questo culto viene inserito nel culto di 
                Dionisio 
                il dio della vita vista come contraddizione e come lotta: 
                da ciò parte la concezzione di filosofia. L'esistenza umana incomincia ad essere vista come contrasto e 
                contraddizzione. Da ora in poi i filosofi cercano il nesso tra 
                questi contrasti e contraddizioni, cercheranno di spiegare i perché, 
                cercheranno di farli convivere insieme. Teatro. Col passar del tempo da un contesto culturale e religioso la 
                tragedia passa in teatro, 
                diventa rappresentazione teatrale. Il teatro tragico greco 
                da forma con rappresentazioni a quella che è la concezzione 
                della vita. L'essenza della tragedia sono il dilemma e la peripezia. 
                Questa tragedia si esprime con sei elementi base che sono: 
               
                 Il racconto.
 
                 I caratteri.Il linguaggio.Il pensiero.Lo spettacolo.La musica.   
              La tragedia è vista come un'azione in cui il protagonista 
                si trova in una situazione ambigua in cui egli domina il dramma 
                e nello stesso tempo non domina, da un lato governa e dall'altro 
                è tenuto in scacco da essa.  Il personaggio tragico è colpevole ed insieme innocente. 
                In una parola monta un gioco in cui è giocato lui stesso. Nella tragedia il reale, il vero emerge sempre come enigma. La 
                tragedia simbolizza il doppio volto del reale; la tragedia è 
                vista come esperienza crudele dell'esistenza, esperienza del dolore. Tutto questo i greci antichi lo chiamavano "destino" 
                o "Fato". Gli stessi dei del quale si invoca la protezione non sono una 
                protezione sicura, le vie che indicano da seguire a volte divengono 
                un vicolo ceco. La tragedia pone davanti agli occhi dello spettatore questioni 
                teologiche (da non intendere in senso biblico e cristiano) e morali 
                e quindi, lo costringe ad un giudizio sul bene e sul male, a dare 
                un senso alla realtà presentata a decidere dei valori e 
                sui valori. Con questi valori la tragedia del teatro greco si trasforma in 
                teatro filosofico. Il dilemma che pone la tragedia è indicata da questa 
                argomentazione:   
                 
                "Oreste, egli 
                  deve vendicare l'uccisione del padre, uccidendo la madre che 
                  lo ha ucciso; mentre compie la vendetta è tuttavia egli 
                  stesso empio, perché si macchia di matricidio". 
                 "Se non avrebbe vendicato il padre sarebbe stato ugualmente 
                  empio in quanto non avrebbe eseguito giustizia nei confronti 
                  del padre".  
                ____________________________________ Fertilità. Già dal principio 
              l'uomo si domandava sulle proprie origini 
              e per esteso dell'universo intero: da dove veniamo e dove siamo 
              diretti, qual'è lo scopo della vita, dell'esistenza, dell'universo. 
             Tragon-oidè. Tragodia (tragedia) 
              è l'equivalente di Tragon-oidè 
              (tragon o tragos= capro. Oidè= canto). Secondo il Dizionario 
              Illustrato Greco-Italiano di H. G. Liddell e R. Scott, 1975 ed. 
              Le Monnier, pag. 1292, tragedia è la "rappresentazione 
              che, in origine, presso i Dori aveva probabilmente carattere lirico; 
              ad Atene assunse forma drammatica, ... . Il significato proprio 
              della parola è <<canto del capro>>, o perché 
              originariamente era in palio un capro come premio, o perché 
              i cantori erano travestiti da satiri."  Dionisio: chiamato 
              anche Bacco, era figlio di Zeus il dio più potente del monte 
              Olimpo residenza degli dei, e di Semele, una donna di origine umana. 
              Dio del vino, della gioia e del delirio mistico, montava un carro 
              tirato da pantere e ornato di edera e di pampini scortato da un 
              corteo di Baccanti donne, Sileni e Satiri che lo seguivano ovunque 
              egli andava. Dionisio era venerato con culti tumultuosi e orgiastici, 
              nei quali erano rappresentati con mashere i geni della terra e della 
              fecondità. In queste cerimonie, chiamate Baccanali, era fatto 
              largo uso del vino, ci si abbandonava ad ogni forma di depravazione, 
              dissolutezza e volgarità in cui era ammessa la partecipazione 
              di tutti, uomini e donne, giovani e vecchi, in preda a un'euforica 
              ebbrezza. -Gabriella D'Anna, Dizionario dei Miti, prima ediz. marzo 
              1996, Tascabili Economici Newton- Teatro. In origine i 
              poeti erano "cantori" che recitavano, (tragodos= cantore 
              del capro, cioè poeta e cantore tragico) in seguito, quando 
              i poeti cessarono di recitare, il termine cantore significò 
              "attore tragico" mentre il poeta tragico fu chiamato diversamente. 
              Quindi, in origine la filosofia nasce in simbiosi tra fede, culto, 
              religione e teatro, poesia, quindi oggi diremo ARTE. Oreste: figlio di Agamennone 
              e Clitennestra, fratello di Ifigenia e di Elettra, ancora bambino 
              è presente in Aulide nel momento in cui la sorella Ifigenia 
              veniva offerta in sacrificio alla dea Artemide. Dopo l'assassinio 
              del padre fu salvato dalla sorella Elettra, che lo mandò 
              presso il re Strofio, il quale lo allevò insieme a suo figlio 
              Pilade, che diverrà il suo grande amico. Divenuto adulto 
              andò con Pilade a Micene, per vendicare l'assassinio del 
              padre e uccise Egisto e Clitennestra, ma ben presto impazzì 
              e fu perseguitato dalle Erinni per il suo matricidio. Giuunse ad 
              Atene, dove sotto la protezione della dea Atena fu giudicato dall'Areopago, 
              che lo assolse. Oreste si recò poi nella Tauride, dove Toanto, 
              re del luogo, sacrificava tutti quelli che riusciva a catturare. 
              Egli doveva essere sacrificato ad Artemide, ma la sacerdotessa della 
              dea era Ifigenia sua sorella, che avendolo riconosciuto, non solo 
              lo salvò ma fuggì con lui. Poi andò a Micene, 
              dove prese moglie sposando Ermione, figlia di Menelao, alla quale 
              suo padre lo aveva fidanzato quando era ancora bambino, e da lei 
              ebbe un figlio, Tisamene. Nelle opere dei tragici tutte queste vicende 
              sono diversificate e arricchite di particolari diversi, in cui egli 
              diviene anche un eroe di primo piano. -Gabriella D'Anna, Dizionario 
              dei Miti, prima ediz. marzo 1996, Tascabili Economici Newton-   
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